Perchè sottoscrivere i referendum sulla giustizia, di luciano iannaccone
Io
lo farò come parte di un “noi”, che non esprime questa o quella tendenza
politica o culturale, tantomeno questo o quel partito. “Noi” indica invece i
cittadini italiani che si riconoscono nella Costituzione della Repubblica e nei
principi che la ispirano. Ed in una lunga storia, nazionale ed internazionale,
in cui si sono progressivamente affermati, pur se costantemente minacciati da
nemici di ogni tipo, principi ed istituti di libertà e solidarietà. Fondati sul
valore assoluto della persona, che si esprime in un cammino di libertà, di solidarietà
e di promozione delle pari opportunità.
“In
nome del popolo italiano” è l’ “incipit” di ogni sentenza civile e penale
e
non ricorre, se non mi sbaglio, in nessun altra formula inerente l’esercizio
dei poteri dello Stato nelle sue varie articolazioni. Non si tratta di un’espressione
rituale, ma del riconoscimento della fonte del proprio potere e dovere. Fonte che
risiede sia nella comunità nazionale che
nella
Giustizia
come valore supremo alla base dei rapporti civili e sociali.
Ma
l’amministrazione della giustizia vive la più grave crisi istituzionale della
storia repubblicana: più grave degli errori, dei disastri ed anche dei reati di
esponenti della classe politica, soprattutto nell’ultimo quarantennio. Più
grave della progressiva paralisi degenerativa della pubblica amministrazione, avvenuta
con gravi responsabilità della politica e del giustizialismo, che è l’orribile
pervertimento della giustizia.Una crisi maturata
in un susseguirsi di rivelazioni e di comportamenti irrituali o inaccettabili culminati
nelle evidenze del caso Palamara. E che continuano, ultimi quelli dei pm del
processo Eni indagati dalla Procura di Brescia.
“Qualcosa
si è guastato nel rapporto fra magistratura e popolo, nel cui nome la
magistratura esercita. Ed occorre urgentemente ricostruirlo” ha detto con forza
e semplicità la ministra guardasigilli Marta Cartabia.
Una
minoranza “politicizzata” della magistratura, a danno di gran parte di essa,
con un silenzio stampa complice e la connivenza di non poca politica, ha fatto
dell’autonomia e dell’indipendenza riconosciute dalla Costituzione uno strumento deviato per gestire “successi”,
“cordate” e carriere. E insieme indebiti
processi e sentenze.
Tutto in nome di un illegittimo interesse
privato e contro il primato della giustizia ed i diritti di ogni cittadino. La
Costituzione, la Giustizia ed i
cittadini sono stati traditi.
Come
promuovere urgenti riforme che rimuovano
questa inaccettabile patologia ed insieme intervengano radicalmente sui tempi,
le inefficienze e le storture che affliggono sia la giustizia civile che quella
penale ?
La
ministra Cartabia ha aperto alla discussione politica le risultanze del lavoro
delle due commissioni di esperti da lei promosse e vuole giungere in tempi
brevi ad un risultato condiviso. La sua iniziativa va sostenuta non solo dalla
politica, ma anche dalla magistratura e soprattutto dai cittadini.
Ma
ciò non toglie significato ed utilità alla promozione di sei referendum sulla
giustizia da parte del Partito Radicale e della Lega: sull’elezione del Csm,
sulla responsabilità diretta dei magistrati, sulla loro equa valutazione, sulla
separazione delle carriere, sui limiti agli abusi della custodia cautelare,
sull’abolizione del decreto Severino.
E’
vero quello che è stato scritto: che alcuni di essi hanno una validità pratica
assolutamente limitata e che anche quelli più incisivi non riuscirebbero con la
sola abrogazione a generare una normativa autoapplicativa, richiedendosi un
successivo intervento legislativo. Ma ciò è proprio della quasi totalità dei
referendum abrogativi: la loro funzione, se sostenuti dalla sottoscrizione
prima e dal voto poi dei cittadini, è di aprire la strada ad interventi
legislativi coerenti con la volontà popolare manifestata del voto referendario.
Avvenne così nella stagione referendaria all’inizio degli anni ’90, con il
superamento delle preferenze multiple ed il voto dei cittadini finalmente
generatore di un esito certo, sia nelle
elezioni locali che, in modo diverso, in quelle politiche.
Ecco
perché i sei referendum che potremo sottoscrivere e votare sono uno strumento
utile, che non appare per nulla in contrasto con le necessarie iniziative
legislative che la ministra Cartabia ed i partiti che la sostengono
convintamente (che non sono tutti) stanno perseguendo.
La
cosa migliore è che, mentre essi operano, i cittadini facciano sentire la loro
voce per sostenerli anche sottoscrivendo i sei referendum, chiedendo così che
si metta fine a storture che hanno alimentato ed ingigantito la crisi della
giustizia italiana.
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