Luciano Iannaccone sul centrosinistra

SOGNO O REALTA’ ?   Soprattutto prima e dopo la direzione Pd del 13 novembre l’attenzione dell’informazione si è tutta concentrata sulla convergenza o meno in coalizione di Pd e forze alla sua sinistra. Eppure si parla di un partito di centro-sinistra che vuole realizzare una coalizione di centro-sinistra, comprendente quindi, oltre a forze alla sinistra del Pd, anche forze civiche e di centro moderate e innovatrici. La presenza attiva di queste forze richiede non solo l’iniziativa di movimenti e gruppi già presenti a vario titolo nell’agone politico, ma soprattutto  il  mobilitarsi di  significative      energie provenienti dal civismo,   dalla cosiddetta  (a proposito ed a sproposito)   “società civile”   ed  appare  di  grande importanza. Soprattutto per quello che avviene nel centro-destra, dove alla consuete “sparate” salviniane vediamo unirsi la preoccupante deriva elettoralistica di Berlusconi, con la promessa formale di tutte le pensioni minime a mille euro e Romani  che promette l’abolizione della legge Fornero “votata (sic) dal Pd”. Evidentemente il 2011, con la crisi della finanza pubblica e il susseguente governo Monti ( per non pochi aspetti un rimedio peggiore del male), non ha lasciato ricordi o ammaestramenti nei nostri demagoghi in doppiopetto. Che, garantendo con la vittoria elettorale il massiccio aumento della spesa pensionistica e la secca riduzione delle entrate ( con la proposta propagandistica della flat tax, che meritava maggiore serietà), mirano al un nuovo traguardo: il Nobel 2018 per l’economia a Silvio, pagato da  noi tutti con la bancarotta dei conti pubblici. Un motivo in più che rende necessario un centro vero, amico di innovazione e riforme e nemico della demagogia, che non esca solo dalle stanze della politica, ma abbia anche volti nuovi che vengono dalla società e dal lavoro: possibile alleato del Pd, ma solo attraverso una vera negoziazione del programma. Molte delle priorità programmatiche congeniali a questo centro sembrerebbero condivise anche dal Pd (o almeno dalla sua grande maggioranza) e questo è un motivo in più per cercare chiarezza e franchezza, rifuggendo dalle fumisterie.   Provo ad indicare alcuni punti che credo irrinunciabili per un centro moderato e innovatore e che possono anche contribuire  a farlo crescere nell’adesione e nel consenso. Il primo è la partecipazione convinta dell’Italia ad un nuovo inizio dell’Europa, aperto a chi ci sta davvero e basato sulla prospettive contenute nell’importante discorso di Macron alla Sorbona. Cessione di sovranità nazionale ad un’Europa non burocratica, ma soggetto politico adeguato ai problemi ed alle opportunità della globalizzazione, che difenda i propri confini, abbia una direzione finanziaria unitaria e possa finalmente programmare ed attuare un grande piano di investimenti pubblici e privati europeo. Il secondo punto è la riduzione progressiva, ma percentualmente significativa, dell’intermediazione economica e  finanziaria dello Stato, che veda più soldi nelle tasche dei cittadini e maggiore spesa aggregata da essi direttamente gestita. Ciò comporta un trend di riduzione sia della tasse e delle entrate pubbliche che della spesa pubblica corrente. Pensare che quest’ultima possa essere toccata solo marginalmente, aumentando il deficit ed  accontentandosi della speranza che il debito scenda per effetto di una somma di pil ed inflazione superiore al deficit, non è accettabile e rappresenta una tentazione da cui difendersi. Se il deficit aumenta negli anni di crescita, che cosa avverrà in quelli di stagnazione ? Il ciclo economico va governato, anche perchè gli ultimi quarantant’anni di finanza pubblica nazionale gridano per farsi sentire anche da chi vorrebbe chiudere le orecchie. Il mondo e l’Europa devono vedere che abbiamo cominciato a ridurre in modo concreto  il debito pubblico: lo dobbiamo ai nostri figli. Questa scelta non si oppone, ma anzi risponde alla domanda di socialità, di contrasto alla povertà, di uguali opportunità per i giovani. Gli anni della crisi hanno seminato diseguaglianza, povertà, bisogno: occorre un grande sforzo di solidarietà e di giustizia, che impieghi nel modo migliore risorse e strumenti ancora limitati e li implementi, anche con una lotta senza quartiere agli sprechi pubblici. Occorre garantire a tutti, giovani in testa, uguaglianza nelle condizioni di partenza, attuando senza ritardi politiche attive del lavoro (quelle previste dal job act) per giovani e meno giovani. Queste, e non le insopportabili caricature del noto sindacato e dei “sinistri” in cerca di gloria fasulla a spese di tutti gli italiani e della verità, sono le questioni vere. Proprio per affrontarle in modo adeguato bisogna proseguire e rafforzare la linea di Minniti e del governo sui migranti: l’accoglienza non solo è condizionata dalle possibilità di vera integrazione, ma deve essere  assicurata  (soprattutto con i canali umanitari)  ai  soli   rifugiati ai sensi  delle leggi nazionali ed internazionali, che il senatore Grasso, parlando a Lampedusa, ha stravolto in modo spudorato. L’apparato pubblico, dall’assistenza a rapide decisioni sul diritto all’asilo o meno, dev’essere umano ed efficiente, compresa la gestione dei rimpatri e l’attivazione di canali per il possibile incontro domanda/offerta di lavoro. Indispensabile proseguire nel netto contenimento degli arrivi già in atto: l’Europa non potrà più voltare la testa, con la scusa che l’Italia accoglie  tutti, ma dovrà fare la sua parte, che deve comportare anche e soprattutto un indifferibile impegno organico per lo sviluppo dell’Africa. Si potranno liberare  progressivamente risorse, che dovranno essere destinate alla povertà “interna”. E soprattutto un impegno morale: mai più trattare gli italiani poveri peggio di quanti chiedono asilo. Solo per titoli le altre priorità programmatiche: una lotta finalmente vera ed organica alla patologia burocratica, che non è un male solo italiano, ma da noi ha raggiunto un livello non più tollerabile con il continuo ed inarrestabile innalzamento del “livello di precauzione”. Fondamentale è non lasciar cadere con il voto del 4 dicembre l’esigenza una seria riforma costituzionale ed istituzionale, necessaria anche per contrastare l’involuzione che poteri insindacabili, deboli e forti, inducono nel nostro Paese, rafforzando una selva di privilegi arbitrari che tendono a fare dell’Italia una società pre-liberale. Si tratta con ogni probabilità di una reazione corporativa ed “altolocata” alla globalizzazione. Sul tema dei diritti civili, credo che la posizione prevalente in un centro moderato e innovatore sia che occorra riconoscerli con un saggio processo legislativo, che sappia comunicare chiaramente  ai cittadini i propri contenuti. Per quanto riguarda lo “Jus soli”, ad esempio, il suo contenuto non solo è praticamente ignoto alla grande maggioranza degli italiani, ma è anche gravemente equivocato per le strumentalizzazioni in atto. Per di più è possibile e probabilmente utile modificare in pochissimi punti specifici la legge, tanto più che, se passasse nel testo attuale, sarebbe giudicata solo per slogan ed in modo assolutamente distorto. Sicuri che sia la cosa migliore ?   Ho provato ad individuare alcuni punti prioritari per cui penso che un centro moderato ed innovatore possa esser disposto a mobilitarsi. Sogno o realtà ? Per sciogliere l’interrogativo non resta che verificare se nell’immediato futuro nasce un’iniziativa politica da parte di quanti si riconoscono in questa prospettiva: scendere in campo ed organizzarsi trovando le forme più opportune. Al Pd, promotore della coalizione di centro-sinistra, il compito di valorizzare i fatti concreti e di confrontarsi sugli obiettivi programmatici, molti dei quali già appartengono, in tutto o in parte, alla propria proposta. L’importante è che ci sia una negoziazione alla luce del sole, che mostri a tutti che la coalizione di centro sinistra  discute per proporre concrete risposte ai problemi dei cittadini, e non di poltrone. Di fronte al centro-destra che vuol tenere insieme Merkel, Le Pen e le “balle spaziali” su pensioni e tasse, davanti a Giggino che vuol far l’americano, ma, purtroppo per noi, è “nato in Italì”, a fronte insomma di gravi minacce per il nostro futuro non sembra una cosa da poco, ma un motivo di speranza e di lotta.     Luciano Iannaccone

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