le derive integraliste di parte dello schieramento del No

Lettera aperta di Silvan Bert a Pino Morandini (da "l'Adige")                                  Un “NO” per salvare il mondo dal collasso etico                                                                                                                                E' durata due ore la gragnola di detriti che mi è precipitata addosso dalla frana della storia con cui ti sei premurato (insieme a Massimo Gandolfini) di spaventarmi. Così però, Pino Morandini, mi hai permesso di relativizzare la portata dell'appuntamento del 4 dicembre. “Potrete anche vincerlo il referendum, in tanti che siete -mi sono detto- ma non riuscirete a fermare la storia”. Nessun comitato del “sì” riuscirà a Trento a riempire la sala della Cooperazione di una folla così compatta, e plaudente, come quello delle “famiglie naturali”. E nemmeno ci riuscirà uno  del “no”, che si ispira a Gustavo Zagrebelsky e a Raniero La Valle, che hai citato con entusiasmo come alleati al tuo fianco. Una folla che non pensate mai sfiorata dal dubbio è però anche la vostra debolezza, e la mia speranza. Qualche giorno prima i direttivi sindacali di Cgil - Cisl- Uil si sono riuniti a ragionare: i professori Stefano Ceccanti e Roberto Toniatti hanno fatto la punta agli spilli, in storia e diritto, per riflettere con le persone in ricerca. Lì si era capaci di riconoscere dignità alle posizioni diverse, su come si contano, si pesano, e si organizzano i voti in democrazia, fra le esigenze di “discussione” e “decisione”. Lì la metà del tempo è stata dedicata al confronto  in sala, perché la politica siamo noi, in quanto esistiamo al plurale. La storia è da questa parte. Le famiglie, anche quelle che voi chiamate “naturali”, non sono un partito, che deve elaborare una sua posizione.  Anzi, in questa occasione, in cui nel referendum confermativo sono chiamati i singoli cittadini a dare o a negare legittimità alla legge di riforma costituzionale, nemmeno i partiti, men che meno i loro elettori, saranno compatti. Voi invece proclamate che il conflitto del 4 dicembre non è politico, ma antropologico. Fra l' “individualismo” del gender che progetta la distruzione della famiglia, e con essa la morte della società di cui è il cardine, e il vostro “personalismo” che, unico, è relazione e vita. Quando ho visto i vostri manifesti sui muri della città, “dopo il gender, cosa ci impongono ancora?”, ho ripensato alla storia di noi due, lunga, parallela, su fronti opposti. Fin dai tempi delle leggi del divorzio e dell'aborto tu pronosticavi il collasso etico della società. Poi c'è stata la legge sulla fecondazione assistita. E oggi, il peggio, le unioni civili con cui le coppie omosessuali aspirano a chiamarsi “famiglia”. L'attuale governo, e il suo presidente, vanno puniti per questo. Per domani promettono altri pseudo diritti, l'utero in affitto, la legalizzazione della droga, l'eutanasia. E' questa la storia di morte che tu racconti. Io ti domando: a distanza di decenni, quale vescovo pensa oggi di abrogare le leggi del divorzio e dell'aborto? Tu, dei vescovi, non citi Carlo M. Martini, nemmeno papa Francesco e le sue parole di misericordia, citi solo Giacomo Biffi. Ma quale ragazza della tua sala avrà applaudito Massimo Gandolfini che rinchiude la donna in casa nei ruoli di moglie e di madre? Tu accusi l'Europa non di cecità di fronte agli immigrati che arrivano, ma di costringere l'Italia a modernizzarsi sulla famiglia. Nell'Assemblea Pastorale Diocesana della settimana scorsa, di fronte al vescovo, io mi sono augurato che non siate tu, e il comitato che ti issa sul palco, a prevalere nelle voci della Chiesa trentina. Noi due non c'eravamo quando la modernità ha avuto inizio, quando la Rivoluzione francese ha introdotto il matrimonio civile. La Chiesa cattolica ha reagito allora con furia proprio perché veniva separata la dimensione civile, umana, da quella religiosa. Oggi sono i preti, ma anche tu mi auguro, che consigliano il matrimonio civile a chi non crede nel sacramento. La storia, nei suoi processi profondi di laicità, non è negativa. E' l'amore che si estende, a fatica, per vie tortuose.   Un estratto nella lettera a l'Adige. Trento, 29 / 9 /2016.                         Silvano Bert               

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