La sindrome tolemaica
Elezioni amministrative e referendum si allontanano. Scende il clamore e comincia ad intravedersi qualche riposizionamento e qualche strategia. Si apre una fase di movimento ma l’unico immobile è il PD. Vendola tenta di prosciugare l’area della sinistra radicale e quella, trasversale, della protesta. Di Pietro, in questa fase il più attivo, cerca voti in tutte le direzioni, si proclama centrista e moderato, lancia segnali al centrodestra, bacchetta Casini rivendicando l’etichetta di perfetto bipolarista. Casini, anch’esso per la verità un po’ fermo, non smette di calcolare l’andamento della sua rendita di posizione. Tutti si ingegnano di mettere in piedi un po’ di offerta considerato che la domanda, il voto lo ha dimostrato, si muove. Il PD è invece preda di una sindrome tolemaica. Si immagina, immobile, al centro di un’alleanza fatta di molti pianeti. Altro che vocazione maggioritaria. Piuttosto il tentativo di massimizzare una grande rendita di posizione, più grande di quella di Casini, ma non meno rendita. Smarrita la vocazione maggioritaria il PD ha perso anche la capacità di fare offerta politica. Aspetta che l’elettorato finisca con il girargli intorno, catturato dalla forza dei pianeti alleati. Alleati in un campo di forze tutto meno che solido. Provate a raccogliere tra quei pianeti il significato di politiche tipo l' impegno specifico e misurabile che il Consiglio europeo di ieri ci chiede per dare attuazione al primo semestre europeo. Il campo di forze si spezzerà inesorabilmente. Perché dunque gli elettori dovrebbero affidarsi a questo campo di forze? Perché sono stanchi di Berlusconi. Ma forse l’intero centrodestra, dal lato della domanda, non è stanco di Berlusconi? Forse l’intero centrodestra, dal lato dell’offerta, assisterà passivamente al tentativo tolemaico del PD? La sindrome tolemaica in un mercato elettorale in movimento è un guaio serio. Qualcuno nel PD deve dirlo. Ma soprattutto deve costruirci una politica intorno. Non basta più agitare buoni contenuti.
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