La preferenza individuale non è la soluzione

E’ veramente difficile sostenere la virtuosità istituzionale del sistema della preferenza individuale così come si sta facendo nel dibattito sulla riforma delle legge elettorale. Il sistema politico italiano ha sperimentato per molti anni i difetti di questo meccanismo, i cui riflessi negativi erano peraltro contenuti dalla forza degli allineamenti ideologici. E continua a sperimentarli nei sistemi elettorali che lo utilizzano ai livelli locali di governo, pur in presenza della legittimazione diretta dei capi degli esecutivi. Tra i tanti ne ricordo due: l’incentivo alla frammentazione all’interno dei partiti e il rafforzamento delle influenze negative dei gruppi di interesse. La competizione per la preferenza individuale è uno dei fattori di indebolimento delle leadership interne ai partiti, le espone a un gioco negoziale continuo, rende faticosissimo il processo decisionale. Esattamente ciò di cui soffre il sistema politico italiano nel suo complesso: leadership deboli ed eccessi negoziali. La priorità è oggi la rimozione di queste difficoltà non il loro consolidamento, è la razionalizzazione del sistema non la sua frammentazione. Il livello attuale di strutturazione dei partiti italiani non è infatti in grado di sopportare la deriva centrifuga che il sistema della preferenza finirebbe con l’innescare. Non solo: il sistema della preferenza trasforma l’influenza dei gruppi di interesse (lecita e fisiologica in tutti i sistemi decisionali democratici) in un vero e proprio potere di veto. Le preferenze individuali finiscono con il formare una rete che rende infatti più difficile la composizione dei diversi interessi in sede di rappresentanza politica. Un solo interesse può diventare decisivo per ottenere la conferma elettorale. Al contrario una conferma elettorale che dipende dalla capacità di mediazione tra più interessi rende più fluido il processo decisionale. La ripresa di un rapporto diretto tra eletti ed elettori non passa dunque per la preferenza individuale. Passa principalmente per la reintroduzione del collegio uninominale e, in seconda battuta, per una diversa e più efficace definizione di un sistema a liste bloccate corte in cui la qualità dei candidati sia resa riconoscibile e strategicamente rilevante. Non possiamo riformare il Porcellum tornando indietro.

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