Politica serva della finanza

di Felice Scalia Le misure di austerità presentate dal neo premier Monti mi lasciano sgomento ed interdetto, ma non impreparato. Non sono un economista, sono un prete che però ha sempre considerato con attenzione l’andamento del destino dei poveri in mano alla finanza. Come tanti italiani, posso ammettere che queste misure “lacrime e sangue” erano inderogabili. Solo che mi riesce difficile ingoiare questa socializzazione capillare delle “lacrime” a danno dei ceti “rapinati”, e questi buffetti sulle tasche dei “rapinatori”. Prevale ancora una logica inaccettabile: togliere ai poveri per dare ai ricchi. E questa continuità, purtroppo, l’ha indicata con chiarezza, come un segnale inequivocabile a chi voleva capire, la presenza di Monti al “salotto” di Bruno Vespa. Monti ed il suo governo sono l’epifania di un “sistema” prima occulto, ora palese anche agli sprovveduti. Dicevo che l’ennesima manovra non mi ha colto impreparato, e per un motivo molto semplice. Quando negli anni ‘80 si delineò la new economy, il pensiero unico, la globalizzazione dei mercati e delle merci, si sapeva benissimo che si condannavano i poveri ad un esproprio sempre più radicale dei loro diritti. Se le uniche “sacre leggi” ammesse erano quelle del mercato (in ascesa libera per la deregulation), spariva ogni etica, ogni senso di responsabilità verso le persone, ridotte a limoni da spremere. E, come prete, non posso fare a meno di chiedermi: in quegli anni dove era la Chiesa profetica che giudica la storia alla luce della Parola? Dove erano gli intellettuali cattolici accreditati? Se le mani della comunità credente talvolta sono state caritatevoli ed anche eroiche in alcuni suoi figli, non mi pare si possa dire che i vertici ufficiali stessero dalla parte del popolo. Per l’ovvio motivo che non si osava contestare il “sistema” ma si pretendeva di dargli un “volto umano”. è triste dirlo: l’ufficialità della Chiesa non riusciva a percepirsi come sentinella dell’umano in nome di tutti i figli di Dio. Si preoccupava solo dell’anima delle persone? Assurdo pensare che nessuno vedesse. La gente per bene, tutta chiesa e onorabilità coi potenti del mondo, si fece convincere da un Michael Novak a ritenere il nuovo corso come la via migliore per attuare “il Regno di Dio sulla Terra”. O forse, tacitata dai favori “imperiali” (facilitazioni economiche, leggi secondo i valori “non negoziabili”), ha preferito stare zitta per evitare sgradevoli ritorsioni. Vorrei ritornare sull’“epifania” montiana. Il governo sta facendo gridare a tutti che ormai non è la politica a dirigere l’economia (alla lettera: «Norma per la gestione della casa degli uomini», cioè per il bene comune), ma è l’economia, trasformata in finanza, anche delinquenziale, a dirigere la politica. I Parlamenti sono esecutori docili delle direttive dei grandi banchieri e delle grandi lobby. Altro che sovrani! Ma queste cose gli studiosi seri le scrivono da decenni. Solo che le loro parole non conveniva a nessuno ascoltarle, perché con la finanza creativa si guadagnavano troppi soldi. Ritorna, ancora una volta, la mia angoscia: e la Chiesa? E i partiti che si rifacevano a Sturzo, a Mazzolari, allo scudo crociato? Nessuno si accorgeva che si stava dicendo addio alla democrazia, e soprattutto alla centralità dell’uomo, al bene comune, alla salvaguardia del territorio, alla dignità dei vecchi e dei malati, alla seria preziosità dei giovani, cioè a tanta parte della Dottrina sociale della stessa Chiesa? Nessuno aveva nulla da obiettare sul cinismo dei respingimenti a priori? Era proprio un matto quel Dossetti che usciva dal suo eremo e fondava i Comitati per la Costituzione? Poiché scrivo nel giorno di Sant’Ambrogio, mi piace pensarlo come un cristiano (quasi convertito, chiamato, fatto vescovo dal popolo) che seppe criticare non l’uomo Teodosio ma il “sistema”, seppe distanziarsi da ciò che era atroce prassi politica e insieme innocente correttezza personale, per fare notare che non si può adorare il Cristo della vita se non lo si incontra nella carne degli uomini. Rischiò forte Ambrogio, con quel suo schierarsi a fianco dell’uomo e del sangue innocente, quando cacciò via dal duomo lo stesso imperatore Teodosio. Purtroppo non pare abbia avuto molti discepoli. *Gesuita, teologo dell'istituto Ignatianum di Messina  ("Adista Segni Nuovi", n.96 del 2011)

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