Pd e Governo, di Luciano Iannaccone

Riassunto delle puntate precedenti: il voto del 5 marzo ha sancito il consenso popolare alla coalizione di centro-destra, Lega in testa, da una parte e al Movimento 5 Stelle dall’altra, con la sconfitta della coalizione di centro sinistra ed in particolare del PD. Sono quindi stati apprezzati e votati da sette elettori su dieci i programmi dei due vincitori, che possono essere valutati sia nelle intenzioni dei proponenti che nei contenuti oggettivi. Nelle intenzioni credo stabiliscano il record assoluto di frottole ( cioè di promesse impossibili) propinate agli elettori nella storia repubblicana, nei contenuti mantenere tutte le promesse più rilevanti provocherebbe un deficit di bilancio pubblico così rilevante da causare il dissesto dello Stato Italiano. A quest’ultimo riguardo è interessante precisare che mentre i 5 Stelle si sono da subito mostrati “flessibili” sui programmi, mentre Berlusconi, come sempre, dice tutto e il suo contrario, Salvini ha mostrato una forte rigidità sugli impegni, dall’abolizione della Fornero alla “flat tax” al 15% ad altro ancora: una grande prova d’attore o un “raptus” ereditario ? Giova ricordare che fu la Lega, nell’estate 2011 ad opporsi risolutamente ad ogni intervento sulle pensioni che la BCE chiedeva, innestando la speculazione internazione sul debito pubblico italiano che ci rese tristemente familiare lo “spread” ed i suoi odiosi costi finanziari e sociali. Diamo per conosciuto il diario politico di questi quasi sessanta giorni: la oggettiva vicinanza tra Lega e 5 Stelle, il rifiuto di questi ultimi di ogni alleanza con Forza Italia, la definitiva (?) scelta di Salvini di non separare il cammino della Lega da quello della coalizione  con cui si è presentata agli elettori, i “due forni” possibili  identificati da Di Maio in Lega e PD, le consultazioni di Mattarella, l’attuale possibilità della verifica di una convergenza programmatica ( il “contratto”) fra 5 Stelle e PD, il ribadito scetticismo di Renzi sull’esito positivo di tale verifica (pur non ricusata) e, al contrario, la sua positiva valutazione di una iniziativa dei vincitori del voto che coinvolgano gli sconfitti in una riforma costituzionale ed elettorale che consegni al nostro sistema politico e statuale forza e trasparenza, consentendo al vincitore di governare.   Abbozzato il quadro della realtà davanti a noi, veniamo a ciò che è necessario e forse possibile. Sicuramente è indispensabile il tentativo di una riforma costituzionale, che, dopo l’esito referendario del 4 dicembre 2016, non penso possa essere altro che l’introduzione del sistema semipresidenziale con l’elezione diretta, con eventuale ballottaggio, del Presidente della Repubblica e, subito dopo di essa, l’elezione dei parlamentari col doppio turno di collegio. Lo argomenta con una convincente analisi storica Giovanni Cominelli ( “Per un anno di legislatura costituente”), lo hanno già  proposto da qualche settimana nelle rispettive Camere l’on.Ceccanti e il sen.Cerno. Ma c’è un’altra necessità non meno fondamentale: è quella della partecipazione da subito dall’Italia alla iniziativa politica promossa da Macron per un nuovo inizio dell’Europa, con una più piena sovranità in materia di difesa, di confini, di ambiente, di investimenti strategici e di finanze,  che possa far leva sul rigore dei bilanci nazionali per promuovere una  crescita comune. E’ una strada avversata da molti: dai Paesi del patto di Visegrad agli otto del Nord Europa, Olanda in testa, che non vogliono più integrazione e condizionano la Germania della Merkel. Ma  è una battaglia a cui l’Italia deve partecipare per costruire il proprio futuro, e con una chiara opzione europeista prevalente, che sarebbe tale se alle forze già in campo, compresa Forza Italia, si aggiungessero i 5 Stelle, che sembrano in movimento da posizioni originariamente euroscettiche. E’ quanto scrive Giorgio Tonini, finalizzando  il possibile dialogo tra PD e 5 Stelle a questo risultato, che allontanerebbe il rischio di una maggioranza alla Visegrad nel parlamento italiano. Questi due obiettivi necessari saranno più raggiungibili se per entrambi si svilupperà nel Paese il sostegno dell’opinione pubblica, che tra l’altro sarà chiamata tra un anno al voto per il Parlamento europeo.   Intanto, mentre scrivo, giunge su facebook l’ira funesta di Di Maio contro Renzi, il PD e l’intero mondo a cui dichiara guerra pretendendo elezioni a giugno. E allora ?  L’obiettivo della riforma costituzionale semipresidenziale e l’ideale della nuova Europa rimangono le due mete irrinunciabili in vista delle quali forgiare gli strumenti e le scelte del lavoro politico, che attende il PD e l’area politica di centro-sinistra e che consiste nell’ “arte del possibile”. Cioè l’agire sagace che rende talvolta reale ciò che appare desiderabile.   Luciano Iannaccone [media-credit id=114 align="alignnone" width="200"][/media-credit]

Condividi Post

Commenti (0)