Giorgio Tonini su Pietro Scoppola

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Pietro Scoppola e le radici del Partito Democratico

Pd
C’è un filo di ironia della storia o – per chi crede – della Provvidenza, nel fatto che il professor Scoppola sia mancato due giorni prima dell’assemblea costituente del Partito democratico
Capitò a me dare la notizia, nell’aula del Senato, della scomparsa di Pietro Scoppola. Erano da poco passate le 10,30 di giovedì 25 ottobre di dieci anni fa. Scoppola era morto nella notte, dopo una lunga e logorante malattia. Ricordai che era entrato in Senato da giovanissimo funzionario e poi, in una breve pausa della sua feconda carriera di docente di storia contemporanea, era tornato come senatore democratico cristiano nella nona legislatura (1983-1987). Ricordai anche il suo impegno per le riforme, costituzionali ed elettorali, e per l’Ulivo e il Partito democratico. Concludevo osservando: “C’è un filo di ironia della storia o – per chi crede – della Provvidenza, nel fatto che il professor Scoppola sia mancato due giorni prima dell’assemblea costituente del Partito democratico”. La costituente del Pd era stata eletta dieci giorni prima, il 14 ottobre, e si sarebbe riunita per la prima volta, per ratificare l’elezione a segretario di Walter Veltroni, il sabato successivo. Al mio annuncio, l’aula del Senato, per pochi minuti, si trasformò. Era un’aula spaccata in due come una mela: da una parte l’Unione di centrosinistra, divisa al suo interno su tutto, ma schierata a disperata difesa del governo Prodi; dall’altra quella che allora appariva la falange berlusconiana, protesa nel tentativo di far saltare governo e legislatura, convinta di essere maggioranza nel paese. La notizia della morte di Scoppola impose un’ora (scarsa) di cessate il fuoco. E si unirono nell’omaggio all’uomo di studi, mai disgiunti da una forte passione civile e politica, personalità antitetiche tra loro come Quagliariello e Russo Spena, Salvi e Zanone, D’Onofrio e Palermi. Il testo che Democratica ha deciso di riproporre ai suoi lettori è forse il testamento politico di Scoppola. Si tratta della relazione che il professore tenne a Orvieto, il 6 ottobre del 2006: in quel seminario, arricchito anche dai contributi di Salvatore Vassallo e Roberto Gualtieri, furono gettate le fondamenta culturali e politiche del Partito democratico. Che nacque da un compromesso: tra le istanze radicalmente e talvolta astrattamente innovative del movimento ulivista e gli equilibri, anche di potere, tra e nei partiti fondatori. Scoppola vede lucidamente il compromesso e non lo demonizza. Del resto, uno dei tratti salienti della ricerca intellettuale, della vicenda politica e perfino della meditazione spirituale di Scoppola è sempre stato il suo collocarsi sulla sottilissima soglia tra conflitto e mediazione. Il conflitto, per non degenerare in dissoluzione, deve aprirsi alla mediazione, che a sua volta deve accettare la sua insuperabile provvisorietà e strutturale insufficienza. Ciò che conta è che questa dialettica non si spenga, mai. “I partiti facciano i passi oggi possibili — conclude Scoppola la sua storica relazione — ma avvertano il rischio e la tremenda responsabilità delle parole: il rischio che le speranze cresciute in questi anni diventino nuove delusioni”. [media-credit id=67 align="alignnone" width="300"][/media-credit]

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