Esiste ancora il Renzi degli esordi

di Marco Demarie Probabilmente Renzi non è il problema. Chi scrive, pensa che il problema italiano stia in una cultura politica derivante da una cultura popolare, e delle élite, in cui si assommano il massimo dello statalismo e il massimo dell’individualismo: non tra gruppi, ma all’interno di ogni compagine, corpo intermedio, istanza sociale, individuo. Di questo strano, e storico, connubio, sono figlie le nostre patologie nazionali, compresa le variegate sfaccettature odierne del populismo all’italiana. Ma è Renzi la soluzione? Anche con animo spassionato, sembra difficile non vedere che nell’ultimo anno il nostro Le ha sbagliate letteralmente tutte: prima, forse sulla base di consigli cortigiani e consulenziali allineati con la specifica forma del suo ego, ha giocato in soggettiva la partita del referendum, con l’esito che sappiamo (ma il lettore ricordi le due righe poco sopra e che le concause di quell’episodio di masochismo italiano sono numerose); poi, in barba a qual si voglia coerenza nella politica di bilancio, ha costruito una finanziaria largheggiante in capitoli assolutamente non necessari (e temo non soltanto perché convinto che un aiuto alla domanda avrebbe potuto far ripartire un’economia imballata e senza investimenti), spingendo l’Italia nella complicata situazione attuale - e il povero Padoan sull’orlo di una crisi di nervi. Esiste però ancora, riteniamo, un Renzi “degli esordi”: quello che con coraggio poco comune colse nel superamento delle soluzioni novecentesche a favore dell’innovazione non solo la via (stretta) di un recupero di produttività del sistema, ma anche la base di una ristrutturazione dello stato sociale alla luce di una più efficace idea di equità; quello che ha provato a imprimere alla politica e alle istituzioni (con soluzioni costituzionali magari non perfette, ma nella giusta direzione), quel cambiamento che avrebbe tenuto insieme semplificazione, governabilità, democrazia e attestazione agli occhi di un mondo vieppiù deluso dall’Italia politica, della nostra volontà nazionale di cambiare per contare. Questo micropeana del Renzi che avrebbe potuto essere (e dell’Italia con lui) è probabilmente agli occhi di molti esagerato. Non è però compiacente. Lo si scrive sperando che questo giovane ex tutto che vuole tornare a essere qualcosa (e molto) provi a ripartire dalla strategia e non dalla tattica: la quale ultima può certo essere appassionante per un animale politico, come certo lui è, ma proprio non utile ora. Parli alla nazione delle ragioni per le quali desidera di nuovo il potere: ci dica, con garbo, chi dovrà pagare quali costi per ottenere quali risultati. Sia preciso, per favore, non funambolico. Cessi di dare ascolto alle agenzie di comunicazione e si senta quello che è, cioè un candidato sotto esame da parte di una giuria nervosa e esausta (l’elettorato, tutto l’elettorato). Nell’attesa di vedere se, al rientro da un viaggio californiano tanto utile quanto patetico, Renzi ci tornerà capace di articolare in lingua europea le molte interessanti parole californiane che ha ascoltato, tralasciando di dedicarsi ad altri giochetti, ci permettiamo addirittura di dargli un consiglio: faccia le cose difficili nel modo più facile, senza machiavellismi. Provi a vincere bene e ordinatamente il congresso del suo partito, sostenga il Governo Gentiloni appoggiando autorevolmente la realizzazione di tutte le riforme in canna, gestisca in Parlamento o altrove un compromesso sulla legge elettorale (tanto su quel punto temo l’Italia abbia già, e inesorabilmente, perso), partecipi con dignità e grinta alla migliore campagna elettorale possibile. Se poi il Governo dovrà cadere prima della scadenza naturale, che cada su una questione seria, ad esempio la disciplina finanziaria, e non perché questo possa far gioco a chi sa qualche marchingegno politicistico destinato a porlo agli occhi dell’opinione pubblica sullo stesso piano dei suoi ineffabili avversari scissionisti. Ricordi l’umile Cincinnato. Cerchi di essere la soluzione. Nel suo partito, e fuori, molti attendono questo”.

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