dopo Reggio: dagli atei-devoti ai demo-devoti?
Passeremo mica dagli atei devoti, a corredo di una chiesa meglio-contestata-che-irrilevante, "biechi" pretoriani della religione civile e instrumentum-regni a prescindere dall’adesione di fede, e fissati della questione antropologica, tutela e promozione della persona nella vita nascente e morente, integrità del matrimonio, identità cristiana, eccetera……..a una “nuova generazione” di virtuosi demo-devoti? Questi invece a corredo di una gerarchia (supposta) più lasca e aperta-al-nuovo-laicato di solido pedigree spirituale e pratica ecclesiale, accoglienti e “riflessivi” su bene comune, poliarchia, big-society e flexicurity, democrazia competitiva e vocazione maggioritaria? Magari alla larga da valori non negoziabili e troppo divisivi? Può darsi, e almeno per certi versi lo speriamo, quanto ai piani nobili, e a stare alle edificanti cronache da Reggio Calabria. Ma al piano terra, o addirittura negli scantinati, chi ci scenderà? Dal gran popolo cristiano dei “cattolici della domenica” o degli “irregolari” o “modali”, che non siedono nelle prime panche delle chiese e dei convegni, non operano nelle associazioni o nei consigli parrocchiali, e non leggono saggi di teologia o di sociologia politica, economica e religiosa, saltuari nella pratica e nell'osservanza dei precetti morali, magari anonimi ma tutt’altro che amorfi, e pur sempre legati alla chiesa? (e che all’occorrenza, e silenziosiosamente….votano?) Al di là dello sforzo di avviare, anche su questo blog, una riflessione più equanime sulla stagione ecclesiale che viene – un po’ sommariamente – inglobata sotto l’etichetta di “ruinismo”, allorchè forse, e persino suo malgrado, cominciò a farsi largo – al pari di quella già conosciuta con riferimento ai nuovi movimenti nella chiesa universale - la tematizzazione della crescente sfasatura fra vecchi schemi di “azione cattolica”, rimasti ancorati culturalmente e politicamente al centrosinistra, e nuovi soggetti di mobilitazione e one-issue - davvero non sappiamo, oggi, cosa sta incubando nelle viscere del tessuto sociale, e religioso, del nostro Paese - in tempi di mordente crisi economica e perdurante necessità di misure di protezione sociale - anche in funzione di sue futuribili proiezioni sugli equilibri politico/elettorali. Sta di fatto che, se pure le attese di un “Italia esigente” come quella vista alle Settimane Sociali, e magari disponibile ad assumere “nuovi paradigmi” e nuove, connesse responsabilità (anche politiche), ne fossero un attendibile sintomo, credo andrebbero interpretate – o "intraprese" – secondo una rinnovata laicità, a scanso di segrete ambizioni di nuovi collateralismi, strumentali quanto quelli denunciati in passato. E innazitutto con umiltà e capacità di ascolto. Senza, saremmo di fronte a sbrigative, nonché supponenti fughe in avanti – pure denunciate da qualcuno anche a Reggio Calabria – passibili di venire implacabilmente riconosciute e sanzionate da un “gregge” magari in cerca di rappresentanza, ma tutt’altro che scemo.
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