Ridurre le spese e non aumentare le imposte, di Paolo Piselli

Cinque punti a proposito del dibattito sulle risposte alla crisi. 1) La crisi  del debito greco è stata scatenata dalla scoperta della falsificazione dei dati di bilancio. Bisognava intervenire subito, ripianando il debito greco, per un ammontare facilmente sostenibile per i paesi europei, onde evitare il contagio. 2)Se diventa insostenibile il debito di un paese come l’Italia diventa anche poco credibile qualsiasi politica di sostegno viste le cifre in gioco, indipendentemente dagli strumenti utilizzati (eurobond e simili) 3)La mancanza di credibilità scatena la speculazione e il contagio tra paesi. L’unica cosa da fare è quindi usare il potere dirompente dei mercati a proprio vantaggio. Per farlo occorre ridurre le spese e non aumentare le imposte. Le minori spese e il minor debito possono produrre effetti di stimolo cosiddetto non-keynesiano, rendere più credibile la politica economica per gli investitori internazionali, ridurre i differenziali di rendimento sui titoli di Stato, per effetto della minor rischio percepito da parte degli investitori internazionali e della maggiore domanda dei titoli stessi (un po’ come sta avvenendo adesso negli USA, nonostante il declassamento del debito da parte delle agenzie di rating). 4)L’aumento delle imposte non è uguale negli effetti al taglio della spesa, non solo perché il taglio della spesa è certo e possibilmente strutturale, mentre le maggiori imposte sono una-tantum e non garantiscono la sostenibilità nel lungo periodo, ma anche perché a pagare sono sempre le stesse categorie, senza nessun carico per gli evasori (parziali o totali). 5)A metà del 2010 alcuni economisti avvertivano che scaricare il costo del fallimento delle banche private sul pubblico, avrebbe trasformato un costo privato in uno pubblico, senza garantire tuttavia la soluzione. Se c’è un fallimento, una perdita, questa perdita qualcuno deve sopportarla, qualcuno deve pagare. Insomma, come anche si deduce dai ragionamenti di Perotti e Zingales  “non c’è il pasto gratis”. Occorreva che una quota maggiore di questo costo ricadesse sul sistema finanziario che aveva generato la perdita. Le banche in quanto imprese (cioè propense al rischio) avrebbero dovuto sopportare una quota maggiore della perdita e non i cittadini / consumatori ( avversi al rischio). Questo avrebbe prodotto una migliore allocazione dei costi e dei benefici e una più corretta valutazione da parte dei mercati.

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