Procure e politica: un caso di scuola, di Giorgio Armillei

Un po' autobiografico, un po' politico, un po' istituzionale. Essenzialmente un racconto con qualche riflessione.
Nelle ultime settimane i giudici del Tribunale
di Terni, terzi e imparziali come prescrive la Costituzione, hanno sbriciolato per
tre volte le ipotesi accusatorie della Procura relative ad alcuni dei procedimenti
penali che hanno riguardato la vita pubblica locale negli ultimi anni. Lo hanno
fatto con la formula più netta: il fatto non sussiste. In altre parole, quanto
ipotizzato come reato dalla Procura semplicemente non è avvenuto. Credo quindi
che sia ora possibile aprire una serena discussione sugli effetti diretti e
indiretti di quei procedimenti.
In primo luogo, sugli effetti diretti e sui
danni prodotti nei confronti dei cittadini coinvolti in quei procedimenti dopo
essere stati chiamati a ricoprire ruoli pubblici o a svolgere funzioni tecniche
nell’amministrazione. Cittadini che hanno visto negli anni ripetutamente
respinte le loro istanze difensive, nonostante l’inconsistenza delle tesi
accusatorie. Cittadini che agivano nel pieno rispetto della legalità.
In secondo luogo, si può discutere degli
effetti indiretti generati dal cortocircuito mediatico nel quale la
formulazione di un’ipotesi accusatoria, con la piena consapevolezza della
Procura e insieme a un dispiegamento simbolico quanto apparentemente inutile di
potenza investigativa, diventano sentenza di condanna anticipata e liquidazione
dell’immagine pubblica degli indagati. Tra
le tante conseguenze di un simile cortocircuito c’è sicuramente quella di
scoraggiare dal mettersi al servizio del governo locale e dell’amministrazione.
E siamo tutti consapevoli che questo caso non è purtroppo un’eccezione rispetto
al panorama nazionale.
Non meno rilevanti sono gli effetti diretti e
indiretti sulla storia recente della città. Dobbiamo in questo caso tornare
indietro al 2015-2016: in quel periodo, per ragioni e con ruoli ovviamente diversi,
la Procura di Terni e una parte del gruppo dirigente del PD si sono paradossalmente
ritrovati a interrompere un embrionale percorso di cambiamento. Un percorso che
tentava di avviare una svolta per una città già in condizioni di declino, riprendendo
l’allarme lanciato dal Convegno ecclesiale diocesano del 2008. Un percorso che era
parte di un più ampio cammino per consentire a Terni di mantenere la sua
identità di città e per assicurare ai suoi cittadini un futuro all’altezza
delle proprie aspettative. Ne ricordiamo alcune tappe: gli stati generali del
turismo, la riattivazione della progettazione del nuovo Teatro Verdi e il
rilancio dell’architettura contemporanea della città con l’Uovo di Ridolfi, il
Piano periferie e la variante diffusa al Piano regolatore, la strategia
dell’Agenda urbana Terni Narni smart land, il patto per la rigenerazione urbana
tra le multinazionali del territorio, la riorganizzazione degli uffici comunali,
il piazzamento tra i migliori candidati a capitale italiana della cultura.
Quel percorso subì due spallate. La prima direttamente
da quel pezzo di PD ternano, spaventato del cambiamento avviato e allineato ai
diktat del PD al governo della Regione. La seconda indirettamente dalla Procura,
alla quale si affiancavano le lugubri pulsioni giustizialiste di una parte
dell’opinione pubblica della città, alimentate dal rumore mediatico di alcuni
movimenti politici, accanto a un approccio “spionistico” degli organismi comunali
anticorruzione. Un sistema, quello dell’anticorruzione dall’ANAC in giù, da molti
osservatori ritenuto solo fonte di lentezza, ritardi, irrigidimento, paralisi e
non ultimo delegittimazione delle amministrazioni. Questa doppia spallata ha interrotto
quel percorso ma soprattutto ha inquinato la discussione pubblica in città,
fino a condizionare la stessa campagna elettorale che nel 2018 ha portato la
Lega al governo della città.
In questi casi è difficile tornare indietro, soprattutto nella percezione dell’opinione pubblica, e annullare tutti questi effetti diretti e indiretti. Tuttavia ora che si fanno sempre più evidenti gli errori di quella doppia spallata, la discussione pubblica può proseguire più limpida. Sperando che le pulsioni giustizialiste e l’illusione totalitaria di amministrazioni senza macchia siano alle nostre spalle.
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