Orazio contro i tre Curiazi di Luciano Iannaccone

A inizio autunno 2019 avevo scritto per questo blog una riflessione dal titolo: “Orazio e i tre Curiazi”, che riguardava il decisivo ruolo di Renzi nella nascita del Conte 2 ed il significato politico di “Italia viva”.

Il richiamo alla sfida evocata da Tito Livio stava nel fatto che anche Renzi, come Orazio, affrontava i Curiazi uno alla volta, per poterli battere. Il primo era stato Matteo Salvini, sorpreso nel guado della mozione di sfiducia al governo Conte 1 e costretto ad abbandonare il governo.

Il secondo Curiazio erano gli elementi negativi dell’alleanza di governo fra 5Stelle e PD. Perchè alla positività di una condivisa scelta europea si univa il pericolo che il dilettantismo e la distruttiva demagogia grillina si sommassero alla brama governativa ed al “massimalismo burocratico” in ascesa nel PD, anche se contrastati dagli esponenti del riformismo liberale. Con l’effetto di generare una cattiva politica fatta di spesa pubblica improduttiva, di carrozzoni, di deficit e debito crescenti. E in continuità con i disastri del Conte 1, dall’assistenzialismo alla mala giustizia. Il che giustificava la nascita di “Italia viva”, per contribuire col suo peso parlamentare a promuovere scelte buone e ad impedirne di cattive e soprattutto di pessime. Il terzo dei Curiazi era Renzo stesso, con i suoi difetti e limiti da cui era chiamato ad affrancarsi nella misura più ampia possibile per essere utile al proprio Paese.

 

Fin qui la mia analisi di sedici mesi fa di una dinamica politica e civile su cui si è inserito cinque mesi dopo il dramma imprevedibile della pandemia. Credo che successivamente si sia rafforzata in tanti la consapevolezza che la montante volontà grillina e del trio Zingaretti-Bettini-Orlando, assieme a schiere di seguaci e di teorizzatori, di costruire un’alleanza strategica con i 5Stelle rappresentasse una modificazione genetica del PD, e non in meglio. Con la compresenza così di due populismi, uno a destra ed uno a sinistra, quest’ultimo in una sciagurata alleanza di “compagni burocrati” e di dilettanti allo sbaraglio. Nella rassegnata passività delle componenti riformiste e liberali del Pd.

Conte aveva intanto accentuato progressivamente un tocco personale, fatto di demagogia flautata ed accomodante al servizio della costruzione della propria  immagine e del proprio potere, senza altri contenuti che il potere stesso. Il dramma della pandemia ha favorito, con DPCM e messaggi da “bonus paterfamilias”,  la progressiva presa di potere di questo “uomo inquietante”, come l’ha definito Biagio De Giovanni.

 Renzi ha dovuto constatare che la presa sull’opinione pubblica veniva da Conte utilizzata per coprire la crescente inadeguatezza e la deriva populista e statalista del governo. E che molteplici soffietti (dal TG1 al “Fatto quotidiano” e non solo) lavoravano a costruire un “miniculto della personalità”. L’unica possibilità di un futuro positivo per Italia stava nello sfuggire a questa spirale prima che fosse troppo tardi: così Renzi ha iniziato il tentativo di contestazione fino alla rimozione del governo Conte, pur consapevole che la strada per un’alternativa liberatrice fosse in salita. Urtava infatti il suscitato sentire di molti, che vedevano in Conte una difesa dalla crisi pandemica ed in lui un disturbatore a fini personali.

 

Fallito il tentativo di Conte di liberarsi di “Italia viva” con l’arrivo dei responsabili, Matteo ha capito che avrebbe potuto raggiungere il risultato solo esigendo una vera discontinuità di programmi, lavoro e ministri. Nascondendo a Conte e compagni il suo scopo primario. Se l’avessero infatti conosciuto avrebbero sacrificato  Bonafede e molto altro, pur di salvarsi, e avrebbero così costretto Renzi ad accettare, perchè l’aveva promesso ai suoi per tenere unita la sua decisiva pattuglia parlamentare. Ma, fortunatamente per noi tutti, non hanno capito.

 

Così, tenendo uniti i propri parlamentari, Renzi ha raggiunto con loro un obiettivo che sembrava inattingibile e che oggi si realizza, necessario per la salvezza dell’Italia e generatore delle positive ed insperate dinamiche a cui stiamo assistendo. Ma peggiorando nel contempo, almeno per ora, il già critico giudizio di molti su di lui: ha sacrificato la sua immagine per contribuire ad una prospettiva di rinascita nazionale. Ha attuato così la vera politica: capacità di cambiare in meglio lo stato di cose presente. Solo spregiudicato o soprattutto al servizio dell’interesse nazionale ?

 

La ricerca storica dirà se la ricostruzione degli avvenimenti e dei moventi qui esposta corrisponde a verità. Mi conforta che un giudizio sintetico analogo su Renzi l’abbiano dato uomini di cui stimo l’indipendenza e la profondità di giudizio come Biagio De Giovanni, Sabino Cassese, Gianni Riotta, Michele Brambilla, Mattia Feltri, Claudio Velardi e altri con loro.

Quanto all’evoluzione futura dell’immagine e della politica di Renzi  si vedrà. Intanto in una prossima occasione vorrei raccontare che cosa decise di fare, in un frangente ancora più drammatico, il premier  inglese Robert Peel circa centosettantacinque anni fa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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