Famiglia. Prudenza e umiltà. Costruire ponti e non rafforzare i muri

Il nodo della famiglia e più in generale dell’evoluzione della comprensione della legge naturale dovrebbe essere affrontato sempre con prudenza e umiltà. Se riprendiamo infatti il volume di Padre Sale della Civiltà Cattolica su “Il Vaticano e la Costituzione” scopriamo che molti posizioni “ufficiali” di allora non sono sostenute oggi alla lettera neanche dai settori che praticano una lettura “tradizionalista” della famiglia e del matrimonio. Per mons, Dell'Acqua dalla segreteria di Stato (p. 185) era evidente che lo scopo primario del matrimonio, anche civile, fosse la procreazione: una visione superata dal Concilio Vaticano II e che, comunque, non c’entra niente col matrimonio civile, il quale, a differenza di quello canonico, non è costitutivamente aperto alla procreazione. Quanto poi alla visione di allora del matrimonio civile, che i promotori delle manifestazioni vogliono valorizzare, allora si sosteneva che In ogni caso "queste formalità civili -chiamate comunemente e impropriamente matrimonio civile - non potranno mai essere ritenute in nessun caso vero contratto nuziale. Il matrimonio civile, per un cattolico, non potrà mai essere altro che un concubinato legalizzato" (p. 187). Rispetto poi a uno studio dell'Icas, istituto legato all’Azione Cattolica, che Vittorino Veronese, storico esponente del laicato cattolico montiniano voleva allora pubblicare, la Segreteria di Stato formulava alcune osservazioni critiche quanto mai emnblematiche (p. 203) : "non insistere troppo sulla 'perfetta uguaglianza' fra uomo e donna " visto che "subito dopo - e giustamente - si dice che l'uomo è il capo della famiglia" (materia superata consensualmente col nuovo diritto di famiglia a metà anni ’70); "non insistere molto sulla retribuzione alle donne lavoratrici" per non svalutare la "missione domestica della donna". La segreteria di Stato fece poi ricevere La Pira da Montini con la consegna d proporre un emendamento "in modo che i figli nati nel matrimonio non siano giuridicamente equiparati a quelli nati fuori dal matrimonio" (p. 235); questione superata consensualmente solo poco tempo fa. Torniamo quindi all’oggi, con questa prudenza e questa umiltà. Sono molti anni che la Corte costituzionale a partire da una lettura esigente dell’articolo 2, sui diritti e doveri relativi ai singoli e alle formazioni sociali, invita a regolare le convivenze stabili e del resto persino la legge 40 ammetteva i conviventi stabili alle tecniche di procreazione assistita. E’ poi dal 2010 che la Corte ha anche stabilito che l’assenza di una legge sulle unioni civili tra persone omosessuali viola il medesimo articolo 2. Su questo occorre lavorare, con spirito di ascolto e di apertura. A prescindere poi dalle considerazioni giuridiche e politiche, più in generale da sposato non capisco perché dovrei vivere come una sconfitta il fatto che altri ne siano attratti (le persone omosessuali) o che ci si ponga il problema di garantire comunque un minimo di garanzie, di diritti e doveri, a quelli che per il momento non si sposano, soprattutto per tutelare il partner più debole. In fondo è un sego di vitalità della famiglia, la cui forza espansiva va al di là dei suoi confini tradizionali. Mi preoccupa invece un'altra cosa: la gran parte dei nostri giovani, volere o volare, e non da oggi, esercita la sessualità dai vent'anni e la scinde dalla procreazione, che considera come un'opzione a ridosso del matrimonio (verso i trent'anni). L'idea quindi che quella omosessuale sia una sessualità diversa perché scinde sessualità e procreazione non è comprensibile per le generazioni più giovani. Per di più i parlamentari, specie i deputati, in questa legislatura sono molto più giovani anch’essi e quindi anche loro non lo capiscono. Pertanto, al di là dell’ingolfamento del calendario parlamentare, una legge sulle unioni civili passerà a larga maggioranza, anche con voti di parlamentari del centro-destra. A questo punto, quindi, il lobbyng tradizionalista, al di là della buona fede e delle buone intenzioni dei singoli, non può ottenere di bloccare la legge e potrebbe invece solo allontanare dalla comunità ecclesiale una parte dei giovani che vedrà questi pezzi di Chiesa (che costituiscono il nucleo duro della protesta) come una sorta di ku klux klan contro l’espansione dei diritti dei neri. Per questa ragione capisco le prudenze largamente maggioritarie nella comunità ecclesiale di lasciar passare nel silenzio queste iniziative a vocazione minoritaria, ma forse non è male che, come ha fatto oggi Alberto Melloni sul Corsera, che ci siano anche voci che spiegano perché esse siano un errore, se l’obiettivo è quello di costruire ponti e non di rafforzare i muri.

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